Al Cimitero militare di Cerovo.
Nel centro è un altare improvvisato; vi troneggia un’alta croce a lato del tricolore.
Dio e Patria! Sacro connubio!
La voce ferma e solenne del sacerdote soldato fa l’elogio dei prodi caduti invocando su di Essi il premio del loro sacrificio.
Sono un migliaio di giovani soldati che pendono dalle labbra dell’Apostolo, sono un migliaio di cuori che battono di santo ardore guerresco per vendicare i loro fratelli.
Ed i poveri Morti hanno un fremito e i loro spiriti aleggiano a noi d’intorno e par ci gridino “Siamo morti per compire il nostro dovere, siamo morti per la santa causa del diritto dei popoli. Non piangeteci, noi non vogliamo il vostro rimpianto, che ci umilia, vogliamo che voi abbiate la nostra fede ed il nostro coraggio. Solo avranno pace i nostri spiriti quando avrete conseguito quella vittoria finale per la quale siamo morti. Oh non piangeteci! Bello e santo fu il sacrificio nostro.”
Queste voci d’oltre tomba mi si ripercuotono sul cuore agitato e un indefinibile senso di pietà mi spinge ad esternare con la parola la piena di quei tumultuosi sentimenti di cui sono invaso.
Mi faccio largo fra i compagni e come un automa mi dirigo verso l’altare da campo .
Bacio la croce ed un lembo della bandiera e voltomi verso la massa grigia dei combattenti prendo a parlare con voce alta ed ispirata.: … .
Che dissi? Non lo ricordo.
Ricevetti prima un abbraccio dal sacerdote che rimase al io fianco e le strette di mano di numerosi ufficiali.
Il mio sforzo fu grande per dominarmi, ma più grande fu la soddisfazione ed il giubilo del mio animo.
Giubilo e soddisfazione non d’amor patrio o di volgare orgoglio, ma giubilo di sollievo d’aver compiuto, col mio atto, un dovere del cuore verso quei Morti gloriosi.