Il bel cielo d’un puro cobalto va man mano cangiando d’intonazione. Leggere nuvolette prendono riflessi rosei e contorni brillanti. Il sole volge al tramonto in una gloria di luce dorata che attenua e trasforma nella sua fosforescenza la vivace gamma del verde dei campi.
E’ già il vespero ed odo il canto sacro dei fedeli raccolti nella vicina chiesetta.
Stormi d’uccelletti solcano il cielo in vorticose ridde riempiendo l‘aria dei loro gorgheggi, mentre le pasciute vaccherelle s’indugiano pigre alla ricerca dei rari ciuffetti d’erba fresca.
E’ un’ora di pace che fa dimenticare la guerra e tutte le sue miserie.
Ecco un bel gruppo di allegre ragazze nei loro variopinti costumi di festa che ritornano dalla sagra e cantano in coro una nenia religiosa.
Procedono allacciate a catena ed al passo cadenzato, come è loro usanza.
Dietro ad esse seguono le spose e le vecchierelle recitano il rosario della Vergine.
Dalla strada provinciale s’avanzano gruppi di uomini e di ragazzi cantando le canzoni dei loro monti ed accompagnandosi al suono di mandolini e chitarre.
Sono i lavoratori del fronte, sono i vecchi ed i fanciulli del meridionale, esuli volontari dalle loro terre per guadagnarsi un pane ed alleviare la miseria delle loro famiglie prive del loro sostegno migliore.
Quelle canzoni popolari tanto a noi care, quelle canzoni che ci ricordano tante cose ed i nostri anni migliori, si spandono nella silente campagna come un saluto della patria. Ogni cuore ha un fremito, ogni ciglio una lacrima.
Solo, seduto su di un fascio d’erbe, nel mezzo d’un prato io miro con l’animo invaso dalla commozione quel quadro sublime della natura, quella festa dei cuori, quella pace serena, ch’era il sogno del vecchio Faust e di tutti gli uomini buoni.
Ma è pace di un’ora.
S’ode il brontolio di lontane cannonate.
Coll’ avanzarsi delle tenebre la terra s‘accenderà di fiammate e di baleni e tremerà sotto i boati dei mostri d’acciaio e gli uomini, come belve all’agguato, s’appronteranno all’offesa; mentre il povero lavoratore del fronte attende trepidante entro il suo piccolo rifugio che la bufera passi per tornarsene domani al suo lavoro.
Sono triste, tanto triste e rispondo a stento al chiassoso saluto che m’inviano le allegre ragazze nel passarmi vicino.
Il mio pensiero fisso è ai miei bambini, amo questi altri pensando ai miei, lusingandomi di scorgerne qualche sembianza.
La guerra è un delitto contro l‘umanità; strappare un genitore dai suoi teneri figli, un’infamia.