9 Settembre 1916 – Gorizia

Attendo dal mio Capitano il permesso di visitare la città.

Contrariamente alle mie supposizioni ho trovato negli abitanti una calma ed una disinvoltura che mi ha stupito.

Il nemico ha sempre piede nel cimitero di Santa Caterina, vale a dire che è a un tiro di fucile. Le granate quotidianamente piovono sulla disgraziata città, gli aereoplani compiono la loro opera distruttrice, eppure questo popolo è meravigliosamente calmo.

Si ritira nelle sue cantine e nei posti di rifugio contro le mortali nubi di gas asfissianti mentre è in corso il pericolo, per riversarsi sulle vie non appena è suonato il segnale del pericolo cessato.

Nelle vie è un andirivieni quasi festoso ed i negozi sfoggiano dalle loro vetrine mezzo fracassate i loro migliori articoli di novità.

Ma nei volti delle donne, dei bimbi e dei vegliardi vi si leggono bene le tracce delle inaudite sofferenze trascorse sotto le tetre ed umide volte delle loro cantine e dei sotterranei scavativi per sfuggire all’artiglio del barbaro loro dominatore.

Chi saprà descrivere i loro dolori, le interminabili re di strazio mentre sui loro capi imperversava il ferro e il fuoco? Quali e quanti ignorati eroismi custodiscono quelle mura rese sacre per la fiamma d’amor patrio di quei disgraziati irredenti?

In una piazza grande è una bella chiesa rimasta miracolosamente quasi intatta, mentre all’ingiro è un cumolo di edifici straziati.

Il solo campanile di destra ha la cupola asportata da un colpo.

E’ la chiesa di S. Ignazio.

Sul portone è un avviso stampato:

“Per munificenza di S.M. la Regina Elena i buoni per l’acquisto gratis del latte sterilizzato per bimbi vengono distribuiti presso il reverendo parroco … .”

Entro nel Santuario ed ascolto la S. Messa.

Ringrazio Dio per la sua divina protezione accordatami e Lo prego per i miei cari e per tutti i soldati combattenti … .

Un mistico coro di voci infantili si leva in alto ripercuotendosi fra le oscure volte del tempio.E’ una preghiera al Dio degli eserciti, è un’invocazione alla pace fra gli uomini.

Esco frettolosamente per non farmi scorgere con il pianto negli occhi.

Guardo l’orologio, è già tardi e riprendo la via del ritorno verso la mia scogliera.

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