Verso le ore 14 giungo nei pressi di Casarsa, luogo indicatomi da un carabiniere dove avrei trovato il comando del mio reggimento.
Faccio un incontro gradito: è il sergente Brancalari di Spezia, della mia batteria.
- “Dove vai Joli?”
- “A Casarsa,. Non sono i nostri laggiù?”
- “V’erano ma sono partiti stamani. Ho l’ordine in iscritto di radunare tutti gli uomini nostri che trovo durante il mio viaggio e condurli a Teglio Veneto” e mi mostra un foglio.
- “Sapessi, caro Joli, come sono stanco, beato te che ti sei potuto arrangiare. Ma questo cavallo non è della nostra batteria, dove l’hai rubato?”
- “Ecco, amico mio, veramente non è rubato ma ricuperato nei pressi di Codroipo durante il famoso fuggi fuggi. Senti, io non sono egoista, ti offro volentieri il cavallo col patto che tu lo conduca al passo. Lo monteremo così un po’ per uno perché, credimi, che io pure mi sento estremamente stanco”
- “Grazie, Joli, non dubitavo del tuo buon cuore.” e senz’altro aggiungere salta in groppa al cavallo cogli occhi che gli brillavano dalla contentezza.
Io lo seguo a pochi passi di distanza.
Passo davanti ad un piccolo negozio di commestibili che trovo affollato di soldati. Sia lodato il Cielo! Potrò provvedermi un po’ di cibo. Grido al Brancalari di fermarsi un momento, e questi mi risponde “Fai pure i tuoi comodi.
Ma all’uscita del negozio ho la dolorosa sorpresa di non vedere più né l’amico né il cavallo.
Domando a destra ed a sinistra se hanno visto un sergente d’artiglieria a cavallo portante una cassetta così e così….
- “Si”, mi rispondono, “andava a tutta carica verso Cordovardo”.
Un sospetto terribile mi balena pel capo ma mi sforzo di non dargli parvenza di realtà tanto mi pareva impossibile da parte sua un’azione di quel genere.
Mi rimetto incammino pensando ch’egli mi attenderà a Cordovardo. Avrà voluto guadagnare tempo per prepararmi colà una buona cenetta, dico fra me.
Se così fosse non avrebbe avuto una cattiva idea, quantunque mi dispiace che strapazzi così quel povero cavallo mezzo sfinito lui pure.
- “E’ distante Cordovardo da qui?” domando ad una donna che mi passa vicino.
- “Dodici km”, mi risponde.
- “Maledizione!” impreco a me stesso accusandomi di non aver imparato ancora a stare al mondo, con tutto i miei peli grigi.
Mi procuro un solido bastone e piano piano proseguo per la mia strada.
Giungo a Cordovardo e m’affanno a cercarlo un po’ da per tutto: nessuno sa indicarmi niente di preciso; finalmente un carabiniere di guardia al bivio di piazza V.E. mi assicura d’aver visto il sergente in parola dirigersi alla volta di Teglio Veneto, di avere anzi controllato il suo foglio di servizio.
- “Avete notato se portava con se una cassetta?”
- “Si, ma non ho chiesto spiegazioni per questa; perché, caporale, c’è forse qualcosa di nuovo?”
- “Oh niente! Niente!” rispondo lesto, lo ringrazio e proseguo verso Teglio coll’anima in tempesta.
Ora non mi faccio più illusioni, il falso amico mi aveva giuocato un tiro infame. Sono disperato non tanto per la perdita, pur preziosa, del cavallo quanto della mia cassetta che conteneva tanti oggetti cari, e tanti ricordi, oltre la mia Madonnina e vari quadretti del fronte con una cassettina ben fornita di colori fini e di pennelli.
A parte il valore, dirò così, morale ed artistico, gli oggetti ivi contenuti sommavano una somma non inferiore alle trecento lire.
E cammino, cammino trascinandomi a stento ma con un desiderio unico di giungere presto a Teglio Veneto.
- “Lo troverò di certo là, e vedrà chi sono io.”
Comincia ad imbrunire, ormai non mi reggo più e dispero di arrivare per quella sera.
Fortunatamente un pietoso borghese mi fa salire sul suo calesse e giungo così verso le ore diciotto a destinazione.
Ritrovo a Teglio il Comando del mio reggimento.
Di un migliaio di uomini di cui era composto, di 32 cannoni, di 800 cavalli, di 120 cassoni ecc non rimangono, per ora, che 64 uomini, 48 cavalli e 3 cassoni per munizioni.
Tre soli uomini ritrovo della mia batteria: il soldato Tosi, Ruffini e Neri. E tutti gli altri?
Possibile un disastro simile? Stento a crederci. Saranno certamente ancora dispersi.
Domando del sergente Brancalari. Nessuno l’ha visto, anzi lo si attendeva.
Spinto dalla rabbia, lascio i compagni e mi dirigo al cascinale dove s’è installato il Comando. Ho un solo pensiero di vendetta. Denunziarlo. Che altro si meritava?
Mi presento all’Aiutante Maggiore che m’accoglie con festa congratulandosi del pericolo scampato, mi chiede tante cose e fra l’altro se ho conservato qualche quadretto del fronte. “Desidererei avere un suo ricordo”.
- “Ho perso tutto,” rispondo a denti stretti, e per non tradirmi; per non perdere quel disgraziato, saluto in tutta fretta e me ne ritorno all’accampamento.
Mi getto a terra sopra una manciata di paglia. Tremo dal freddo, non ho neppure il mio pastrano rimasto sul dorso del cavallo
Ho passato una nottata penosa e mi sono chiesto cento volte se è sempre conveniente fare del bene.