Lascio l’ospedale perfettamente guarito. E’ stato per me assai triste l’addio di quei poveri ammalati che tanta simpatia mi dimostravano.
Tutte le sere, dopo il silenzio, io seduto sul mio letto, raccontavo a bassa voce tanti aneddoti allegri e tante favolette apprese in batteria. E i poveretti si divertivano tanto … almeno in quei momenti dimenticavano i loro tristi pensieri e i loro dolori.
Il tenente Vandoni, all’atto del mio congedamento, mi offrì vari ricordini di guerra e non mi lasciò che quando salii sull’ambulanza che doveva ricondurmi a Cormons al Comando di tappa.
L’amico Brunori non ebbe parole di saluto. La sua mano si serrò convulsa nella mia e dovetti far forza a me stesso per impedire il pianto che mi serrava la gola.
Oltrepassato il cancello mi volto e lo vedo sporto a metà fuori dalla finestra, agitare nell’aria il suo berrettino da notte in segno di saluto.
Quanto è ben vero che il dolore affratella più che il piacere. Mi sarà dato di incontrarlo nella vita?