17 settembre 1917

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Mentre sto facendo una partita a dama con l’amico Brunori, entrano nella sala dirigendosi verso di me  il tenente medico Vandoni e due giovani ufficiali della sussistenza militare di S. Giovanni di Manzano.

-“Questi miei colleghi” mi dice il dottore, presentandomeli,” hanno bisogno dell’opera sua colla massima urgenza .”

e mi spiega che il venti settembre, cioè fra tre giorni, c’è l’inaugurazione del teatrino militare, ma che per un’improvvisa indisposizione del pittore scenografo, il lavoro era rimasto a metà; mancavano cioè da dipingere delle quinte ed il sipario.

“Sono dispostissimo” rispondo, tutto contento di togliermi per qualche giorno da quel luogo di dolori, “ma il tempo è troppo breve e temo di non riuscire”.

Il dottore manda subito un infermiere a ritirare dal magazzino lamia divisa, mentre i due ufficiali, al colmo della contentezza, mi salutano ringraziandomi infinitamente.

-“Lei ci ha tolto un grave pensiero, “ mi dice un d’essi, “non sapevamo proprio come rimediare”. E si allontana col collega per lasciarmi in libertà.

I compagni di sala mi guardano con occhi d’invidia mentre l’amico Brunori  mi dice all’orecchio:

“Non dimenticarti di portarmi del tabacco, e se non ti disturba … una bottiglia di quel vecchio”.

Fuori dal vasto cancello d’entrata m’attendevano i due ufficiali colla loro automobile. Il tenente Vandoni mi accompagna facendomi cento raccomandazioni, di non espormi sudato all’aria, di non bere vino, di non fumare e non finiva più. E rivolto agli ufficiali “Restiamo intesi di ricondurmelo non dopo le 19; sanno bene che non desidero noie col mio direttore”.

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