Sono di ritorno dal distaccamento di Medeuzza per ultimare i miei lavori di pittura.
Appena sceso da cavallo mi viene incontro il mio capitano, dicendomi:
-“Fra due ore giungerà il nostro colonnello, m’è arrivato ora il programma da Gorizia. Preparate due versi di omaggio che verrete a recitare alla fine della mensa. Tenetevi pronto, il cameriere vi verrà a chiamare.”
-“Ma, signor capitano, come posso io …. Lei mi lusinga … il tempo è troppo breve; la prego dispensarmene.”
Il capitano mi aveva già volto le spalle facendomi un gesto significativo colla mano.
Rimango lì, perplesso, colla bocca aperta.
Che fare?
Conoscevo troppo bene il temperamento del mio capitano per osare disubbidirlo.
Prendo dalla mia valigia un paio di fogli di carta e una matita e mi vado a nascondere in mezzo al vicino campo di granone, per non essere disturbato da nessuno.
Il poeta invoca la sua musa, io invocai l’aiuto della Madonna, e m’accingo al difficile compito.
Appena presentatomi nella sala col mio foglio che mi tremava fra le mani, il colonnello mi riconosce subito e con viso sorridente .
-“E’ il nostro pittore, che ha di bello?”
-“Un verso di omaggio”, risponde il capitano, e mi fa cenno di parlare.
E con voce che mi forzai di mantenere chiara e ferma declamai:
“Come potrò nel povero mio verso
Tue lodi cantar? Ahi che la mente
Confusa e ignara del linguaggio alato
Mal trasmette del cor l’intima voce.
Duce e padre tu sei di balda schiera
Onor d’Italia, e del tuo cor l’orgoglio,
Che dall’esempio tuo, temprata e fiera
Sa i perigli sfidar, ferma qual scoglio.
Pianger t’ho visto, o padre, in mezzo a noi
Sovra una fossa, in una notte truce
E benedir, nel tuo dolor più grande
Le sacre spoglie dei tuoi figli eroi.
Fra i terreni sconvolti e ancor fumanti
T’ho visto, o duce, sorridente e altero
Diriger l’opra che il nemico atterra
E la strada appianarci alla vittoria.
Alla patria tu accresci onore e gloria,
E gli artiglieri tuoi, da te istruiti,
Forti pel tuo valor, per tua virtute,
sino alla fin combatteran da invitti.”
Gli ufficiali tutti scattarono in piedi gridando un “evviva” al sig. colonnello”.
Questi, commosso, ringrazia e: “Non a me gridate evviva, ma alla Patria.”
Poi accostatomi mi porge la destra, elogiandomi e ringraziando.
Mi costringe assidermi alla mensa ed io ebbi l’alto onore di levare il mio calice in mezzo a quel gruppo di buoni e valorosi ufficiali.
Eccomi altra intima soddisfazione facilmente meritata.