15 Luglio 1917 – Segnalatore

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Verso le due di notte vengo svegliato bruscamente.

Una guida del Comando del primo gruppo, proveniente da Gorizia, mi consegna un ordine scritto.

“Il caporale Joli raggiunga immediatamente questo comando. Motivi di servizio.”

Piove a dirotto e il buio è perfetto.

“Non posso attendere che si faccia almeno giorno?”  domando alla guida.

-“L’ordine è di partire immediatamente”.

-“Mi accompagni anche tu?

-“No, io riparto domani per eseguire altri ordini”.

Insellatomi un cavallo parto subito sotto quel diluvio d’acqua. Pazienza … .

V’immaginate una trottata di 28 km in quelle condizioni?

Giungo a Gorizia grondante d’acqua e ricoperto di fango fino agli occhi.

Un amico caporale mi offre la sua divisa, si che alle ore nove mi presento in perfetto ordine al Sig. Comandante il 1° Gruppo, Maggior Rabaglino.

-“ Vi ho classificato segnalatore; l’istruzione già la sapete. Tenetevi pronto per recarvi, dietro mio nuovo ordine, in prima linea colla fanteria.Fra breve si riprenderà l’azione; il vostro compito è delicato quanto pericoloso ma vi conosco intelligente ed animoso e farete del vostro meglio.

Chi avesse notato le contrazioni mal represse del mio volto vi avrebbe letto la lotta interna che succedeva nel mio povero cervello.

Mi vedevo già in quella trincea avanzata a fianco d’un ufficiale osservatore e sotto la pioggia dei colpi delle nostre artiglierie.

Ecco l’infernale scoppio delle bombarde distruggere le ultime opere difensive, rimaste illese, del nemico; ecco l’attacco dei nostri.

E mi vedevo, ritto sulla sporgenza più elevata della trincea, colla mia bandiera a lampo di colore, segnalare il comando dei tiri della mia batteria, mentre ulula intorno a me la morte in un bagliore di baionette e di sangue.

E mi vedevo in mezzo a quella carneficina di uomini, mentre la mitraglia fischiava assordante da ogni lato, lassù, inerte, colla bandiera in mano, umano e facile bersaglio in quella travolgente ondata di fuoco e di ferro.

– “Avete qualcosa da dirmi?”, aggiunge il comandante, fissandomi in volto.

– “Sono un territoriale del 77” . Ecco la risposta che m’era salita sulle labbra, ma quelle pronunciarono invece la parola :”Nulla.”.

E fattogli un marziale saluto esco dal suo ufficio.

Il maggiore, nel caos dei suoi lavori, non fece certamente attenzione alla mia classe di servizio altrimenti non m’avrebbe incluso nella nota dei segnalatori, scelti fra i più giovani e più arditi dei vari reparti.

Ma dovevo proprio io fargli comprendere il suo errore?

Questo mai.

Contro ogni mio merito m’ero creato la fama di volontario di batteria, di ardito, di pittore e che so io.

Dovevo io ora con una sola parola o con un gesto far crollare quel facile ed effimero edificio che m’avevano edificato i miei compagni? La bontà di Dio è grande e i palesi atti sella Sua divina protezione verso di me furono il solo movente che fecero di me non un ardito ma nemmeno un pusillanime. Il pericolo non m’impressionava più e l’affrontavo oramai con quella calma che agli occhi dei compagni miei poteva sembrare coraggio, ma che invece non era che la mia intima convinzione della mia incolumità.

Dio mi perdoni questa presunzione.

Oh come è piccolo e superbo il cuore umano!

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