Dal margine della nuova strada militare, sul Corada, seduto su una rozza pietra e sotto i cocenti raggi del sole, tu compi l’opera tua, piccolo e coraggioso figlio del forte Abbruzzo.
Da un lato hai un precipizio, dall’altro lato la parete rocciosa tagliata a strapiombo.
Alla sua base è un foro, una piccola nicchia. Questo è il tuo asilo quando l’agro tuo corpo s’abbandona al riposo: questo è il tuo rifugio quando il piombo nemico percuote la strada.
I tuoi occhi hanno visto tante scene di dolore, tante scene di sangue.
Più volte sei scampato miracolosamente alla morte.
T’insidiano di fronte le granate nemiche, t’insidiano dal cielo, con la loro mitraglia, i bianchi velivoli dalla nera croce sulle larghe ali.
Chi ti dona tanta fermezza, o piccolo lavoratore del fronte?
La tua bella testa dalla nera e ricca capigliatura arde e gronda di sudore sotto il grigio e pesante elmetto d’acciaio.
Hai le dita martoriate dalla tagliente pietra e dal mal destro martello.
Gli occhi arsi dal sole e dalla polvere, la persona stanca, soffri la sete.
Ma il tuo cuore è giocondo.
Le tue labbra ripetono la canzone favorita dei campi, le nenie dei tuoi pastori.
I tuoi occhi conservano la dolce visione della tua cara montagna e si posano sul minuscolo villaggio che udì il tuo primo vagito.
Addossata alla piccola chiesetta, dallo snello campanile, è una misera stamberga e sul limitare della bassa soglia una donna, intenta a confezionare dei zoccoletti.
Ai suoi piedi dei marmocchi si trastullano.
Perché piangi, o ragazzo? Perché il martello sfugge dalla tua mano e tu protendi le braccia come a invocare un amplesso? .. .
Io ti ho scorto, o bravo figliuolo, tutt’assorto nella tua cara visione, ed ho pianto di commozione con te, e t’ho baciato sulla fronte.
Poi ho proseguito la mia strada verso San Jacob, col mio fardello sotto il braccio
Ma poco dopo ho udito il tuo martello picchiettare sul sasso e la tua squillante voce riprendere la canzone interrotta.
Ed in cuor mio t’ho nuovamente benedetto, piccolo eroe.
Quel canto mi dice che sei pur lieto dei tuoi sudori e che soffri rassegnato il penoso distacco dei tuoi cari, che ti sei imposto volontariamente.
Quel tuo canto mi dice che le tue pene avranno un giorno degna ricompensa.
E quel bel giorno tu lo vagheggi, o generoso figliuolo, quando, ritornato ai tuoi monti e alla tua casetta, depositerai orgoglioso e felice il tuo bel gruzzolo di monete sul grembo di quella non più afflitta donna, della tua cara e santa mamma.